Recentemente, il Libano è stato al centro dell’attenzione internazionale per la grave crisi economica, conseguenza dell’instabilità politica interna e del complesso quadro regionale. La condizione di fragilità dello Stato libanese può essere spiegata in parte come effetto del settarismo e del consociativismo, che lo caratterizzano. Nel paese sono infatti riconosciute diciotto diverse comunità confessionali, che nel tempo si sono dotate di precise identità, personalità giuridiche e rappresentanze politiche. Per comprendere meglio l’attuale contesto sociopolitico, risulta dunque utile ricostruire la storia del sistema multiconfessionale, così come si è andato definendo nel corso dei secoli.
Le prime comunità nella provincia libanese dell’Impero Romano d’Oriente si insediarono attorno al VI secolo d.C., quando i cristiani greco-ortodossi e i giacobiti, seguaci della dottrina monofisita, emigrarono dalla vicina Siria. Questi si distribuirono lungo le città costiere di Tripoli, Biblo, Sidone e Tiro e intorno alla catena del Monte Libano, dove poterono interagire con diversi clan arabi, come gli Amila, anch’essi provenienti dalla Siria. Quest’ultimo gruppo si differenziò successivamente per la conversione all’Islam sciita sotto la guida di Ali Abu Dharr al-Ghirafi.
Fu nel corso del VII secolo, durante l’occupazione persiana dei Sasanidi, che i cristiani (greco-ortodossi, mardaiti e giacobiti) si unirono sotto la guida dei monaci maroniti, anch’essi monofisiti e stanziati intorno al Monte Libano.
Durante l’occupazione musulmana del califfato omayyade (660 d.C.), i cristiano-maroniti si concentrarono maggiormente tra il Monte Libano e le città di Tripoli e Biblo, andando a creare un’enclave cristiana nel Medio Oriente arabo e musulmano. I sunniti, invece, si distribuirono principalmente lungo le coste, mentre gli sciiti nella regione meridionale di Jabal Amil e nel distretto di Kisrawan, a nord di Beirut. Più complessa fu invece la composizione demografica nella Valle della Beqāʿ, abitata da arabi, greci e persiani.
La presenza di comunità confessionali non musulmane, o dhimmi, fu tollerata nel califfato, sebbene queste dovessero pagare un’imposta, o gizya, per vedere garantita la propria protezione. Il territorio, corrispondente all’odierno Libano, fu diviso dagli omayyadi nei due distretti militari della Giordania e di Damasco e l’amministrazione fu affidata a governatori locali. Questa stessa politica fu attuata anche dalla dinastia abbaside nell’VIII secolo, che incaricò il clan sunnita Tanukh del controllo del territorio.
Con la dinastia abbaside si registrò un incremento delle interazioni tra studiosi musulmani e monaci maroniti, soprattutto intorno al Monte Libano, ma nel X secolo si assistette anche a uno sviluppo demografico a vantaggio della comunità sciita. Questa trasformazione derivò principalmente dal maggiore sostegno dei bizantini agli sciiti, dalla conversione di parte della popolazione sunnita e dall’alleanza tra i Tanukh e i Fatimidi ismailiti, provenienti dall’Egitto, da cui si separò la comunità drusa.
Il Monte Libano passò dunque sotto la protezione fatimide. I drusi si insediarono sulle colline di Beirut e nel distretto di Wadi al-Taym e, nell’XI secolo, si registrarono dei miglioramenti nella condizione economica e di sicurezza della popolazione, grazie anche all’aumento dei traffici commerciali nel Mediterraneo.
Tuttavia, la Prima Crociata sconvolse gli equilibri demografici interni. La regione a sud di Tripoli divenne parte del Regno di Gerusalemme, i Franchi si distribuirono sulle coste, mentre le comunità druse e sciite si rifugiarono a Beirut e nei pressi del Monte Libano, insieme ai cristiani. Baalbek e la Valle della Beqāʿ, invece, passarono sotto il controllo dell’emirato damasceno selgiuchide.
Alla fine del XIII secolo, venne meno l’interesse europeo verso il Levante e i Mamelucchi conquistarono il territorio, compreso tra Damasco e il Cairo fatimide. Nel 1268, occuparono Beaufort, Jabal Amil, Tiro, Sidone, Beirut e Tripoli, consentendo un ritorno dei sunniti nelle città portuali e un’espansione degli sciiti nella regione meridionale. I maroniti, invece, trovarono rifugio nel Monte Libano e nel distretto del Kisrawan, abitato da sciiti duodecimani, drusi e alauiti. In questo periodo, la comunità drusa prosperò sotto i clan Buhtur, Arslan e Ma’an, signori feudali e produttori di seta.
A partire dal XVI secolo il territorio fu occupato dagli Ottomani e una serie di sviluppi interessarono soprattutto la regione del Monte Libano, rifugio delle minoranze musulmane e cristiane, che alla fine del secolo subì la prima di quelle numerose trasformazioni, determinanti per la creazione dello Stato e del sistema multiconfessionale libanese.
Nel 1586, infatti, gli Ottomani riconobbero la regione come entità autonoma, o Emirato del Monte Libano, grazie alle ottime relazioni con i governatori Ma’an e alla volontà di concedere maggiore indipendenza ai territori occupati. Gli abitanti della regione, principalmente drusi e maroniti, pagarono delle imposte all’Impero (sistema dell’iltizam) e furono considerati gerarchicamente sottoposti alla comunità musulmana sunnita (sistema dei millet).
L’Emirato fu suddiviso in sette distretti, o muqata’a, affidati a governatori drusi e cristiani: tra essi si distinsero i clan maroniti al-Khāzin e Gemayel, al centro degli scontri settari del XIX secolo. All’esterno della regione, invece, la comunità sunnita si concentrò a nord, nei pressi di Tripoli e sulle colline di `Akkar, e a sud, lungo le coste di Sidone, mentre quella sciita si distribuì nella regione meridionale di Jabal Amil, vicino al fiume Litani.
Nell’Emirato le funzioni sociali e lavorative furono organizzate su base settaria e ciò fu importante per l’istituzionalizzazione delle comunità libanesi: ai drusi furono affidate funzioni amministrative e militari, ai cristiani, invece, le attività commerciali, la finanza e l’artigianato. Ogni governatore dei muqata’a fu incaricato della riscossione delle tasse e dell’esercizio del potere politico e giudiziario sul distretto amministrato. Tuttavia, le suddivisioni territoriali e l’accesa competizione politico-economica provocarono frequenti scontri tra i clan a capo dei distretti.
Tra il 1591 e il 1635, Fakhr al-Din II si distinse come emiro della dinastia Ma’an: rese più sostenibile la convivenza tra le comunità e incoraggiò anche l’esportazione di cotone, seta e grano in Europa. Dopo aver riscosso un discreto successo anche tra i governatori locali, fu incaricato dell’amministrazione del distretto di Sidone-Beirut dal wālī di Damasco.
Tuttavia, agli inizi del XVII secolo, sostenne il governatore di Aleppo, `Ali Janbulad, nella rivolta contro l’Impero Ottomano. Ciò portò l’emiro a inimicarsi Istanbul e a rafforzare invece le relazioni con i maroniti e importanti famiglie cristiane d’Europa, in particolare di Firenze, dove si rifugiò nel 1613, sfuggendo a una spedizione punitiva ottomana.
Nel 1618, Fakhr al-Din ritornò nel Monte Libano, riappropriandosi dei territori precedentemente amministrati e invitando tutti i cristiano-maroniti dell’Impero a emigrare nella regione, al fine di incrementare l’attività di esportazione della seta. Questa politica portò inevitabilmente a un cambiamento demografico a favore della comunità cristiana, definendo un’importante caratteristica del Libano contemporaneo. Tuttavia, la decisione di espandere ulteriormente il territorio amministrato, portò l’emiro a nuove frizioni con il sultano, che ne ordinò l’esecuzione nel 1635.
Alla fine del XVII secolo, l’amministrazione dell’Emirato passò alla dinastia sunnita Chehab, più compatibile dal punto di vista religioso con la visione ottomana e molto vicina ai drusi. Le diverse comunità del Monte Libano continuarono a interagire pacificamente sotto la guida di Bashir I Chehab, sebbene i drusi furono impegnati in lotte intestine per il controllo sui muqata’a.
Se la capacità politica drusa fu rappresentata esclusivamente dal clan Junblatt, i maroniti invece diventarono consiglieri dell’emiro, convincendolo alla conversione al culto cristiano-maronita e minacciando definitivamente lo status quo druso. I cristiani raggiunsero la massima espansione demografica nel XIX secolo con Bashir II Chehab.
L’esperienza dell’Emirato terminò nel 1831, quando Bashir II perse il potere, a causa del sostegno dato a Muḥammad ‘Alī Bāshā, wālī dell’Egitto, che conquistò Tiro, Sidone, Beirut, il Monte Libano e Tripoli, sfidando gli Ottomani. Al controllo egiziano si oppose la comunità drusa, in rivolta nel 1838 a Wadi al-Taym e nella Valle della Beqāʿ. Al fine di contenere le proteste, ‘Alī Bāshā armò i cristiani e, in questo modo, si assistette al primo scontro di tipo settario libanese.
Tuttavia, nel 1840, l’imposizione di ingenti tasse e della coscrizione militare portò le diverse comunità a unirsi, ponendo fine all’intermezzo egiziano. Nello stesso anno, il sistema dei muqata’a fu sciolto dagli Ottomani e il Monte Libano passò sotto il regime del doppio qā’immaqām, il territorio fu cioè diviso in due regioni, una drusa a sud e una cristiano-maronita a nord.
Infine, nel 1860 le tensioni tra drusi e maroniti degenerarono in un vero e proprio conflitto – prima guerra civile libanese – che provocò diverse migliaia di vittime. Per porre fine agli scontri, gli Ottomani, sostenuti anche da Inghilterra, Francia e Austria, emanarono il Regolamento Organico, che sancì la nascita del Mutasarrifato del Monte Libano, o Piccolo Libano, formato dall’unione dei due qā’immaqām, ad eccezione di Tripoli, Beirut, Sidone e la Valle della Beqāʿ, ancora legate a Damasco.
Il Regolamento, rimasto in vigore fino agli inizi del XX secolo, promosse l’uguaglianza tra le comunità della regione e rese costituzionale la struttura amministrativa della mutasarrifiyya, composta da un governatore cristiano non arabo e da un’assemblea consiliare di funzionari, scelti su base proporzionale: quattro maroniti, tre drusi, due greco-ortodossi, un greco-cattolico, un sunnita e uno sciita. In tal modo, ebbe origine il sistema multiconfessionale libanese.
Libano-PDFMaria Grazia Stefanelli
[…] ricostruzione storica del sistema multiconfessionale libanese ha reso evidente come la compresenza di diverse comunità nel “paese dei cedri” non […]